Articolo: Organizzazione della rete commerciale – Problemi, opportunità e antiche leggende – di Antonio DE CAROLIS

Quando la situazione economica diventa critica, e i ricavi segnano il passo, il direttore commerciale è tra i primi a porsi dei quesiti e a prendere delle decisioni.

Quasi immediatamente si chiede:
– Perché siamo in questa situazione?
– Come stanno andando i nostri principali competitor?
– Che cosa posso/devo fare per modificare il trend?
– Quanto tempo ho a disposizione per farlo?

A queste domande, le prime risposte “di pancia” (qualcuno sostiene sia la sede pensante della mente umana) sono spesso:

  • Il prodotto è troppo caro.
  • Il prodotto ha un livello qualitativo non adeguato.
  • Il prodotto è obsoleto.
  • l mercato non è più in grado di sostenere i volumi fissati dagli obiettivi.
  • Il servizio offerto ai clienti è insufficiente.
  • Il nostro modello distributivo è inadeguato

Tutte possibili verità che tendono però a trovare le responsabilità nel lavoro degli altri ma, dopo una breve pausa di riflessione diventano, o dovrebbero diventare, semplicemente: “Ho riportato i miei dubbi e le mie valutazioni in comitato direttivo. Ora devo cominciare a modificare quello che dipende direttamente da me, senza aspettare nessuno.”

Con questa visione positiva (e propositiva), inizia a valutare le aree sulle quali intervenire e per farlo analizza:

  • Il Mercato.
  • La Concorrenza.
  • L’Offerta.
  • La Struttura di Vendita.

Su quest’ultima area concentreremo la nostra attenzione per esaminare gli scenari, le possibili regole d’intervento e gli ostacoli che molto probabilmente dovranno essere affrontati.

Di norma, organizzare la struttura di vendita è compito dal direttore commerciale che, subito dopo averla decisa, la condivide con il direttore del personale per formalizzarla e portare a termine tutte quelle attività che coinvolgono le figure professionali contrattualmente dipendenti.

Ad esempio, se il direttore commerciale ha stabilito di intervenire con attività di supporto alla vendita (call center, strumenti di marketing, formazione…) quasi sicuramente dovrà prevedere l’inserimento di nuove risorse prendendole dall’esterno o, se possibile, da altre funzioni aziendali, oppure dovrà portare in outsourcing attività non strettamente legate al core business. Per gestire questi passaggi motivando le risorse al cambiamento, è quasi obbligatorio, operare in stretta sinergia con i colleghi di HR.

Questo, ovviamente, è quanto succede nelle aziende medio grandi/grandi perché, nelle aziende di piccole/medie dimensioni, la catena decisionale è semplificata in quanto più corta.

Ciò che però accomuna tutte le aziende è l’obiettivo: inserire venditori, retribuiti con provvigioni più un sistema d’incentivazione, che siano validi, preferibilmente provenienti dal settore, fortemente motivati e subito pronti ad operare sul mercato.

Questo è il momento in cui il direttore commerciale, a prescindere da quante risorse dovrà inserire (la struttura nuova potrebbe prevedere interventi di tipo “ chirurgico” o la costituzione di una nuova rete da affiancare a quella esistente) incontrerà le prime difficoltà e le prime grandi opportunità.

Ad esempio, dovrà valutare se “ingaggiare pezzi pregiati dalla concorrenza” o inserire “giovani promesse talentuose” già inserite sul mercato ma non ancora diventate “top player”.

La leggenda che tutti recitano, però, non lo aiuta perché narra che “quelli bravi stanno dove stanno perché si trovano bene e perché le aziende se li tengono ben stretti”, “quelli non bravi invece sono disponibili perché nessuno li vuole”.

Solo a pochi eletti è dato di sapere quanto ciò corrisponda al vero o sia frutto delle antiche credenze del villaggio, ma poco importa, perché comunque vada, è probabile che se la ricerca è fatta dall’azienda top performer, l’ impatto emotivo sui candidati sarà senza dubbio diverso da quello generato dalla ricerca di una start up.

Con questo non intendiamo dire che i venditori bravi, i “Professionisti della Vendita”, ambiscano tutti ad operare con la “regina del mercato” perché ogni azienda ha le proprie regole e non tutti sono disponibili ad identificarsi con esse. Gli esseri umani, infatti, hanno obiettivi personali diversi tra loro, anche se svolgono la stessa attività.

Alcuni manager commettono il gravissimo errore di far diventare un paradigma il detto “ i venditori sono interessati esclusivamente al guadagno”. Il benessere economico, ovviamente, interessa più o meno tutti ma, ognuno mira alla qualità della vita secondo precise e personali “visioni ”.

Allora ci si potrebbe chiedere: quali altre possibili strade si dovranno percorrere?

Alcune aziende, ad esempio, chiedono il supporto dei loro migliori venditori in quanto:

  1. Rappresentano una referenza inequivocabile per l’azienda e per i possibili candidati.
  2. Conoscono meglio di altri le reali necessità del mercato e le abilità necessarie per avere “successo” in quel settore e in quell’azienda.
  3. Essendo figure “rappresentative” del ruolo e dell’azienda, facilitano l’autoidentificazione nei potenziali candidati (mi sento o mi vedo simile a lui quindi diventerò bravo quanto lui).

Ci sono state raccontate esperienze di direttori commerciali che sono riusciti nell’intento premiando in vari modi (denaro …. buoni benzina … viaggi per due persone…) coloro che riuscivano a presentare candidati allineati ai requisiti richiesti dal ruolo e dall’azienda. In sintesi, anziché pagare una società di consulenza esterna, specializzata in ricerca e selezione del personale, offrivano compensi ai propri uomini stimolandoli, di fatto, a promuovere sempre e meglio, l’immagine della propria azienda, del proprio prodotto e del proprio lavoro. (Come si dice “prendere due piccioni con una fava”)…….

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